Come si cambia quando i nostri cari ci lasciano

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Mi ritengo fortunato. In 34 anni di vita non ho mai avuto nessun problema di salute che valga la pena menzionare, e, fino al Febbraio scorso, non avevo mai subito la perdita di una persona cara.

Poi il 12 Febbraio se n’è andata mia nonna, e qualche giorno dopo Giovanna, una delle mie più care amiche. Così in meno di una settimana il pensiero della morte è passato dall’essere qualcosa che accade sempre agli altri all’essere qualcosa che può capitare anche ai miei cari, anche a me.

Difficile da accettare.

Difficile pure parlarne.

La morte è di solito una verità impronunciabile, un tabù da non affrontare. Mai. Troppo profondo come concetto, troppo complicato, fa troppo prurito. Parlare di morte è come mettere un maglione di lana sulla pelle nuda ad agosto, pesante.

Ma è proprio così che deve essere?

Giovanna direbbe di no.

Lei riusciva a parlare di morte come se fosse una ricetta per il soufflé. Riusciva a fartela capire, a fartela apprezzare.

Tant’è che se n’è andata con l’anima in pace, senza drammi, senza resistenze inutili.

Il suo modo sereno di affrontare la malattia è stato d’ispirazione a tutti coloro che l’hanno conosciuta. Ed è pensando a lei, e alla nonna, che voglio mettere il maglione di lana e parlare di come si cambia quando i nostri cari ci lasciano, di come cambia la prospettiva sulla vita una volta messi di fronte all’inevitabilità della sua fine.

Un’ovvietà sulla morte è che è certa.

Tutti sanno che non è tanto una questione di se, ma una questione di quando.

E visto che (si tende a credere) questo quando accadrà in un punto lontano e non identificato del futuro, non ce ne preoccupiamo.

Deleghiamo a domani quello che potremmo fare oggi, rimandando l’azione, e con essa la costruzione di un significato. Viviamo come se fossimo immortali, continuando a credere che ci sarà tempo per amare, per dire cose che contano, per fare cose che contano.

Così, più allontaniamo l’idea della fine dalla nostra mente e più si riduce il valore di ogni giorno.

Nel caso estremamente opposto, cioè quando si sa di avere poco tempo a disposizione, persino le singole ore acquistano valore. Ogni giorno diventa un contenitore da riempire con momenti preziosi, condivisioni sincere, verità mai dette ed esperienze mai fatte in passato, ironicamente, per mancanza di tempo.

In sostanza, il paradosso è che ricordandosi che si deve morire si vive, sul serio, ogni giorno come se fosse l‘ultimo. Perché per quanto si voglia evitare di pensare all’idea della fine, è la fine stessa che dà senso e direzione al durante.

Come disse un amico al cui fratello è stato diagnosticato il cancro, “la morte ti sveglia“, ti fa dire “cazzo, se non mi do una smossa corro il rischio di vivere per niente”.

La perdita di una persona cara ci insegna a vivere 

Ci ricorda che il tempo scorre per tutti e che non dobbiamo sprecarlo.

Ci ricorda che ci sono azioni che fanno la differenza e azioni che lasciano il tempo che trovano, progetti per cui vale la pena impegnarsi e progetti a cui è meglio dire di no, sogni da inseguire e sogni da lasciare nel cassetto.

Ma le persone che ci lasciano fanno molto più. Ci insegnano anche ad amare. Ci insegnano a perdonare, a essere più comprensivi e compassionevoli. Ci insegnano a dare peso a ciò che ha vera importanza e a capire quali sono le attitudini che, nel grande schema delle cose, non contano nulla.

E nel grande schema delle cose parlare male non serve, criticare non serve, prendersela per i soldi buttati e le occasioni perse non serve. Così come non serve tentare di aggiustare ogni singolo difetto e arrabbiarsi ogni volta che qualcosa non va come ci aspettiamo.

La morte mette le cose in prospettiva. Smaschera quelle piccole e ce le fa vedere per quello che sono.

Senza la morte saremmo tutti dei bambini capricciosi che sbattono i piedi a terra quando la vita non ci accontenta. Saremmo tutti più egoisti, meno coraggiosi, meno disponibili.

Grazie alla paura di morire, o di perdere una persona cara, invece, apriamo gli occhi, abbassiamo la cresta, e ritroviamo la capacità di affrontare qualsiasi difficoltà con lucidità. Scopriamo che siamo molto più forti di quanto crediamo.

Impariamo ad apprezzare quello che abbiamo, quello che c’è. Impariamo ad apprezzare il semplice fatto che… ci siamo.  

Quando nonna stava per andarsene non ho dedicato un solo secondo alle piccole preoccupazioni che di solito affliggono le mie giornate. Non c’era motivo di pensare al futuro, o di pensare a come gestire i vari impegni per avere più tempo.

Improvvisamente, il tempo è comparso. L’ho trovato mettendo da parte quello che di solito sembra importate ma che davanti alla nonna che se ne va non lo è più.

In sostanza, ho vissuto quelle ore come non vivo quasi mai. Come non si vive quasi mai. Completamente, pienamente, immerso nel momento presente, disposto a mettermi al servizio della mia famiglia, a mettere da parte gli screzi e le incomprensioni, a essere aperto, vulnerabile.

E in quei frangenti ho capito che abbiamo tutti un’innata capacità per la condivisione e un innato rispetto per la fragilità della vita.

Una capacità e un rispetto che dimentichiamo spesso di avere perché distratti da un futuro immaginato, dalle mille ansie e paranoie inutili che, alla fine di tutto, non varranno, neanche se messe insieme, il peso del singolo ricordo di un addio.

Vivere proiettati al dopo dimenticandosi di adesso può essere un approccio altamente fallimentare, visto che non siamo noi a decidere quanti domani abbiamo a disposizione.

Penso allora a chi di domani non è ha più o a chi li ha contati. Penso con gratitudine alla nonna e a Giovanna, a come hanno arricchito la mia vita da vive, a come continuano a farlo anche adesso.

Il messaggio che mi ha lasciato la loro scomparsa è semplice, ma non per questo meno vero:

Di tempo non ne avrai mai abbastanza quanto credi. Smetti di fare lo struzzo, togli la testa dalla sabbia, poniti un obiettivo che sia Tuo, e usa il tuo potenziale per raggiungerlo. 

Se non sai qual’è il tuo obiettivo scoprilo. Se non sai qual’è il tuo potenziale, scoprilo. Se non credi di avere nessuno dei due inizia col renderti utile. Fa qualcosa e vedi cosa succede. Semplicemente, agisci. Nessuno lo farà mai per te.

Nessuno potrà mai agire al posto tuo. E se non lo farai te ne pentirai.

Perché potrebbe arrivare un giorno in cui non avrai più le forze di rimettere mano alla lista delle cose da fare, e quel giorno ti renderai conto che non puoi vivere né domani né ieri.

Ieri non esiste e tu le forze ce le hai ancora, non prenderti in giro. Puoi ancora scegliere come usare questo tempo limitato che ti è stato regalato, puoi ancora viverlo meglio, al meglio, puoi ancora voler bene a chi è rimasto, puoi ancora fare, non domani, non dopo, non un giorno, ma Questo giorno… oggi… ora. 

4 commenti su “Come si cambia quando i nostri cari ci lasciano”

  1. Sì, la vita e la morte sono due facce della stessa medaglia, l’una dà senso all’altra. Possiamo vedere il tutto come un lungo percorso attraverso più vite, in cui la morte è solo un passaggio.
    Personalmente ne parlo spesso, con tenerezza e comprensione e come dice il buddismo “piangi quando c’è da piangere e ridi quando c’è da ridere.”
    Il dolore e la gioia si rincorrono in un girotondo di bambini.
    Il sorriso di Giovanna sarà comunque per sempre dentro di noi…

    1. vincenzo marranca

      Grazie per il commento Daniele. Mi piace il modo leggero con cui affronti una tematica così difficile per alcuni di noi. E si hai ragione, il suo sorriso sarà sempre con noi…

  2. CIiao, sono Emanuele dalla provincia di Como. In un mese e mezzo, dalla fine di agosto 2022 ad oggi, 15 ottobre 2022, me ne sono capitate di tutti i colori. Ciò che mi ha scavato, segnato, solcato, è stata la perdita improvvisa, repentina, subitanea del mio carissimo amoco in spiaggia a Rimini. Un infarto fulminante, e via. Poi, benché sia vaccinato tre volte, ho preso il covid, in una sua variante cattiva, bastarda, nebbiosa… E, lavoro in una RSA, e il dottore giurava e spergiurava (De Gregori…) che saremmo tutti stati protetti ad aeternum ame. Beh, così non è stato. E, vi assicuro, questa porcheria lascia strascichi. Non tanto a livello fisico, quanto di testa. Ti tocca e disturba a livello cerebrale profondo, vuoti di memoria ( sempre avuto una memoria d’acciaio), sbalzi di umore, crisi di panico, incubi…. . Quindi, visto che non ho più voglia di sentire gente che urla tutto il giorno, mi sono detto: guardò su Google. E mi sono imbattuto in questo sito. TUTTE PARO.E SANTE, Ė DAVVERO COME HO LETTO. Grazie, ogni tanto servono conferme. Io l’ho sempre pensata come ho letto. E, il commento del Signore di sopra, ha centrato: ” c’è un tempo per ogni cosa, uno per ridere e uno per piangere”. Sono molto ebraico nella mia mentalità -anche s sono di fondamenta cattoliche-, ma questo non vuol dir abbandonarsi al destino. Talvolta, e questo è il caso, bisogna prendere i c****ni in mano e dire: allora, vogliamo continuare cosi, o aiutiamo la Sorte a preparaci un domani migliore?
    Grazie per quello che ho letto, mi sento meno solo.
    Emanuele, provincia di Como.

    1. Emanuele le tue parole mi commuovono grazie mille per il tuo commento. Mi dispiace molto per il tuo amico ma puoi star certo che non sei solo, un abbraccio dalla Sicilia

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