Profezia Autoavverante: quando le parole diventano realtà

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Il concetto della profezia autoavverante è estremamente utile a farci prestare attenzione a quello che diciamo e pensiamo più spesso.

Nel capitolo “Parole” del mio libro, Dentro la tana del coniglio – cosa ci rende felici, parlo proprio dell’importanza che le nostre parole hanno sugli altri e su noi stessi, di come una semplice convinzione possa diventare realtà.

Parole… che diventano profezie autoavveranti

“Parla con integrità, dì soltanto ciò che intendi dire, evita di usare la parola per parlare contro te stesso o gli altri. Usa il potere della tua parola nella direzione della verità e dell’amore” 

Miguel Ruiz

Se fai un piccolo sforzo, e ti impegni veramente, noterai che tutto quello che hai creato e vissuto nella vita è partito dalle parole.

Le parole sono dei sigilli che creano, marcano e guidano le esperienze, delle finestre sonore sulla nostra anima. Sono la cosa più semplice e, anche se non ce ne accorgiamo, la cosa più potente che abbiamo.

All’interno delle parole si nascondono le nostre reali intenzioni e la nostra vera fede. Con le parole possiamo creare mondi nuovi, coinvolgere persone, iniettare idee nuove nell’ecosistema, creare letteratura che ispira.

Con il potere delle parole possiamo ferire, possiamo distruggere; possiamo usarle come armi, come pugni, come pugnali.

Possiamo farle entrare nella pelle e spingerle fino in fondo, dove rimarrebbero ad echeggiare per mesi, anni, o tutta la vita.

Nonostante si sia generalmente convinti che per fare realmente del male a una persona si debba colpirla in qualche modo, il dolore e il danno provocati dalle parole possono essere di gran lunga superiori a quello di una botta al corpo.

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Storia di una profezia autoavverante

Le ferite delle parole non fanno rumore, non lasciano segni visibili, sono lame silenziose che tagliano la corteccia della personalità rendendola più debole.

Soprattutto da piccoli le parole che ci dicono più spesso diventano una profezia autoavverante, sono dei veri e propri scalpelli che forgiano l’identità e lasciano segni indelebili.

In quella fase si è più vulnerabili e più propensi a credere (o meglio, ad acconsentire) a tutto ciò che ci viene detto, dando alle parole l’autorità di cambiarci per il meglio o per il peggio.

Per esempio, ho sentito la storia di una bambina, di nome Stephanie, che adorava cantare.

Una sera la madre tornò a casa molto stanca e con il mal di testa. Stephanie era invece abbastanza allegra e continuava a cantare, nonostante la madre le chiedesse di far piano.

Quando non ce la fece più, la madre le urlò contro, “stai zitta! Hai una brutta voce!”.

La bambina smise di cantare, e la madre immediatamente si rese conto di quello che aveva fatto.

Non pensava che Stephanie avesse una brutta voce, il contrario. Il mal di testa e la stanchezza le fecero perdere il controllo per appena il tempo che serviva a pronunciare poche parole.

Tuttavia furono poche parole che rimasero impresse nella mente della bambina per gli anni avvenire.

Tutte le volte in cui dovette cantare in pubblico le sentì risuonare nella sua mente, hai una brutta voce, hai una brutta voce”.

Ci volle un notevole sforzo per zittirle. Furono pronunciate una volta soltanto, ma nella mente di Stephanie si ripetono ancora oggi.

Se lei non avesse acconsentito, se non avesse scelto di credere a quella frase, non sarebbe neanche rimasta nella memoria fino al giorno dopo, e non si sarebbe certo trasformata in un profezia che si autoavvera.

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Quando le parole degli altri diventano profezie autoavveranti

Una volta che diamo valore a qualcosa che ascoltiamo, rendendolo parte della nostra storia, possiamo farlo diventare una “profezia”.

  • Così il bambino che si sente spesso dire, “sei bravo ma non ti impegni”, finisce per crederci così tanto che a quarant’anni si chiede come mai non metta tutto sé stesso in niente.
  • Così la bambina che sente dire da una compagna, “dovresti mangiare meno, sei grossa” in terza elementare, sviluppa un disturbo alimentare a 25 anni.

Tutte queste parole in sé non hanno nessun intento malevolo. Possiamo usare la parola “grossa” o la parola “brutta” in molti contesti in cui non avrebbero nessun eco.

Quando però vengono pronunciate con l’intento sbagliato, o interpretate nel modo sbagliato, acquistano potere e possono insediarsi nel cuore.

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L’impeccabilità della parola

Nelle parole che ci vengono dette quando quello che siamo non rientra nell’ideale di qualcun altro risiede una forza estremamente distruttiva, che può creare un divario interno tra un’inclinazione e un’aspettativa:

Francesco è gay e vuole fare il designer ma la madre si aspetta che lui abbia una vita “normale”.

Giovanna è appassionata di musica e chiede al padre di comprarle un pianoforte, il padre invece le compra una tastiera giocattolo dicendole, “non valeva la pena di comprare un pianoforte perché tanto smetti subito tutto quello che inizi”.

Pietro, dopo aver consegnato la tesi universitaria al professore di psicologia gli sente dire, “lei non è portato per questo mestiere dovrebbe pensare di fare qualcos’altro”.

Il potere delle parole può far male da piccoli, può far male da grandi. Possono esser dette con buoni intenti ed essere comunque lette come un rifiuto.

Può lasciare sul fondo della coscienza l’idea di non essere abbastanza, può lasciar dentro la mancanza di fiducia.

Le parole possono venire da dentro o da fuori. Possono essere interiorizzate e ripetersi all’infinito come un disco inceppato nel jukebox dei pensieri.

Di contro, si può arrivare a costruire tanta bellezza con le parole, tanta ricchezza, specialmente quando si presta attenzione al messaggio emotivo che portano e si rispetta il loro potere.

Il mondo intorno a te cambierà profondamente se inizi ad essere impeccabile con la parola, ovvero quando la tua parola, il tuo modo di parlare, smetterà di portare con sé una carica emotiva negativa.

Nell’impeccabilità della parola non esiste “peccato”, non esiste danno a sé stessi o all’altro.

Nell’impeccabilità della parola esiste soltanto un sincero desiderio per la verità personale, unito a una profonda determinazione di proteggersi e di proteggere dal male che può essere causato da parole intrise di paura, invidia, gelosia o rabbia.

In questi primi passi di ogni crescita personale si presta molta attenzione alle parole che vengono dette, e a quelle che vengono semplicemente pensate, nonché all’intenzione che sta dietro entrambi.

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La profezia autoavverante e l’effetto Pigmalione

In psicologia, il fenomeno di influenzare il futuro degli altri per mezzo delle aspettative è definito come Effetto Pigmalione, anche detto Effetto Rosenthal.

Il team di ricercatori che lo ha studiato negli anni sessanta, guidato dal professor Robert Rosenthal, ha svolto un esperimento di psicologia sociale che ha dimostrato in modo quasi incontrovertibile che le aspettative degli insegnanti sugli alunni aveva un impatto sulla loro performance scolastica.

In altre parole, quando un insegnante pensa, o è convinto, che un alunno sia mediocre, il suo atteggiamento influenzerà la percezione dello studente stesso che si comporterà in modo tale da confermare la convinzione del maestro.

Quando, invece, gli insegnanti ritengono che dei bambini siano particolarmente intelligenti faranno in modo che la loro performance scolastica, e persino il loro quoziente intellettivo, migliori nel tempo.

La scoperta dell’effetto Pigmalione è dunque la conferma scientifica che le persone non sono dei compartimenti stagni e non sono invulnerabili alle parole e alle aspettative degli altri.

Quello che gli altri dicono di noi, il modo in cui veniamo visti, può diventare una profezia che si autoavvera, può trasformare la nostra vita, in meglio o in peggio.

È allora una grandissima responsabilità degli adulti e degli educatori, la responsabilità di trattare i più piccoli con rispetto e cura, di usare delle parole che non rendano per loro difficile crescere e credere in sé stessi.

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