Come dice il vecchio detto, sbagliare è umano e perseverare è diabolico, ma quello che non dice è che sbagliare non solo è umano ma serve, mentre punire gli errori un po’ meno.
Qui di seguito voglio riportare un capito del mio libro Dentro la tana del coniglio – cosa ci rende felici, che parla, per l’appunto, di come gli sbagli ci aiutano a definire meglio la nostra strada e la nostra personalità.
Perché sbagliare è umano e non va giudicato
Hai mai visto un bambino imparare a camminare, provare su quattro zampe, poi due, poi cadere e rialzarsi?
Hai mai visto una pianta crescere giorno dopo giorno?
Sia il bambino che la pianta hanno bisogno delle stesse cose per diventare grandi: attenzione, amore e un ambiente sano.
Se una pianta non cresce vuol dire che qualcosa non va nella terra, che non ha abbastanza acqua o minerali.
A nessuno verrebbe in mente di urlare alla pianta e dire “perché non stai crescendo?” o “dovresti essere più grande adesso!”.
Allo stesso modo, a nessuno verrebbe in mente di giudicare un bambino perché non riesce a mettere insieme i primi passi: lo lasciamo fare, gli diamo la possibilità di osservare cosa fa di sbagliato e di riprovare.
Con questo atteggiamento di distacco e fiducia il bambino alla fine impara a camminare, così come impara a parlare o a giocare.
In altre parole, è la mancanza di giudizio sul suo progresso che gli permette di godere della libertà e della gioia dell’apprendimento, affiancato dal senso di sicurezza dato dalla presenza dei genitori.
A scuola sbagliare è umano ma viene comunque punito
Questo terreno fertile per la crescita non dura però molto: arrivato a scuola, o forse anche prima, il bambino incontra un altro tipo di approccio: egli scopre il giudizio, il voto.
Entra in un mondo dove c’è un modo giusto e un modo sbagliato di fare le cose, dove sbagliare è umano ma viene comunque punito.
A scuola le parole che dici e le cose che sai vengono valutate, ogni tuo progresso, successo o sconfitta viene catalogato e registrato, e l’apprezzamento dell’insegnante, un numero su una casella, diventano un fattore estremamente motivante, fino a diventare l’obiettivo principale dell’apprendimento stesso: imparo per essere ricompensato, imparo perché voglio avere un valore.
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Sbagliando si impara… nel giusto ambiente
Questo sistema di apprendimento non si limita soltanto alla scuola.
Praticamente tutto quello che facciamo viene catalogato come buono o cattivo, giusto o sbagliato, conveniente o sconveniente.
Se la ricompensa per aver fatto bene a scuola è il voto, nel mondo reale diventa la promozione, l’aumento, la stima, il rispetto del prossimo.
Quanti di noi nel vedere un adulto in difficoltà si fermano a chiedersi se ci sia stato qualcosa nel suo ambiente che non gli ha consentito di crescere?
Quanti di noi trattano gli esseri umani come tratterebbero una pianta o un bambino?
Eppure siamo così, come le piante, e come i bambini.
Se l’ambiente ce lo consente, se non c’è nessuna aspettativa da soddisfare, o punizione da evitare, se abbiamo la libertà di sbagliare, come il bambino che cade e si rialza, impariamo e cresciamo spontaneamente, impariamo a comprendere le nostre capacità e a creare ciò che amiamo.
Tutti gli esseri umani sin dalla nascita hanno questa innata predisposizione all’apprendimento e alla scoperta.
Un test sviluppato dalla NASA e applicato a 1,600 bambini di scuola materna ha addirittura scoperto che in quella fascia d’età la stragrande maggior parte di noi ha un livello di creatività praticamente geniale.
Mentre già cinque anni dopo la percentuale scende a meno di un terzo.
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Sbagliando si impara… a scegliere bene
Perché crescendo impariamo ad avere paura degli errori?
Negli anni di scuola viene rinforzata l’idea che le nostre idee non hanno valore se non vengono validate o inserite in qualche teoria di riferimento.
Impariamo l’arte della valutazione rispetto ad un metodo specifico per ogni disciplina, passiamo dal dover ascoltare le istruzioni di genitori, poi quelle degli insegnanti e professori, e infine quelle dei datori di lavoro.
A scuola tutto è stabilito per noi: il piano d’azione, la scadenza, il temine di giudizio, il feedback.
Nel lavoro accade la stessa cosa: qualcun altro stabilisce cosa dobbiamo fare ed entro quali limiti.
In entrambi gli ambiti quella che viene limitata è la scelta, in quanto una volta inseriti in una data cornice di riferimento la libertà di scegliere cosa fare e quando farlo è poi molto ridotta.
Dentro questa cornice tutto viene valutato in base a valori standardizzati definiti da qualcun altro, qualcuno con più competenze o autorità.
Sbagliare non è più umano e preso alla leggera, ma la sola possibilità di fare male viene vissuta, in certi contesti più che in altri, con grande stress e preoccupazione.
Il giudizio, infatti, diventa spesso pilastro portante delle relazioni sociali.
Esso serve a stabilire di chi ci possiamo fidare e di chi non ci possiamo fidare.
Siamo abituati a rispettare il voto alto, la recensione, il conto in banca o altri simboli di successo e bravura, mentre screditiamo e ignoriamo la mediocrità e la povertà come sintomi di una mancanza di valore.
Ma nessun essere umano, nella sua essenza, non ha valore.
Semplicemente, come nel caso delle piante, alcuni ambienti consentono al valore di essere espresso mentre altri contesti lo castrano.
In teoria, non c’è nulla di sbagliato nello stabilire uno standard di valutazione, soprattutto nella scuola.
Nella pratica, anni e anni di sottomissione all’autorità e al sapere degli insegnanti portano bambini, ragazzi e giovani a non sapere scegliere per sé stessi, o a perdere contatto con la loro capacità creativa.
Come notato da molti ricercatori che hanno osservato la natura della motivazione umana (E. Deci), la libertà di scegliere è una capacità fondamentale per l’adulto che si sa auto-determinare e che sa essere auto-efficace.
Se perdiamo contatto con quello che desideriamo e con la nostra abilità di ottenerlo non faremo altro che passare da un compromesso all’altro, sacrificando un valore (es. sicurezza finanziaria) per un altro (es. passione per l’arte).
Sbagliare è umano e dovrebbe essere incoraggiato
In ultima analisi bisogna ammettere che il modello di insegnamento potrebbe beneficiare molto dall’integrazione di una visione più allargata e positiva dell’uomo.
La scuola dovrebbe incoraggiare maggiormente gli alunni a sbagliare e a imparare sbagliando, dando meno peso ai loro errori e ai loro fallimenti.
In fondo non siamo macchine che possono essere facilmente programmate per svolgere determinate azioni all’infinito, non siamo contenitori da riempire di nozioni.
Siamo organismi complessi, all’interno dei quali convergono emozioni, aspirazioni, paure, talenti innati.
Un sistema d’istruzione che non tenga a mente il valore della nostra spontanea crescita personale non può definirsi tale, e sarebbe comunque poco efficace.
Per massimizzare le capacità di crescita e apprendimento aiuterebbero la mancanza di giudizio di fronte all’errore, l’empatia e l’accettazione incondizionata.
È grazie a questi fattori che si impara il metodo dell’auto-orientamento: nello scoprire chi sono e cosa so fare imparo a scegliere, imparo a fare ciò che mi rende soddisfatto.
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