Lavorare meno aiuta a godersi la vita e ad essere più produttivi

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In un mondo in cui l’obiettivo di tutti è spesso quello di lavorare di più per produrre di più si trova chi sostiene che, in realtà, la vera soluzione alla produttività, e alla felicità, sia lavorare meno.

Lavorare tanto permette anche di mantenersi, ma non è detto che consenta di vivere bene, né che garantisca una maggiore produttività.

Seppur ormai la giornata lavorativa da 8/10 ore è diventata uno standard per molti impiegati, quante di queste ore vengono pienamente sfruttate per lavorare?

E per quante di queste ore il nostro lavoro può essere considerato efficiente?

La cultura del lavoro in America

Inizialmente, avevo appreso la cultura de “il tempo è denaro” dagli americani.

Quando studiavo a Boston i professori ci dicevano che dovevamo usare il tempo in modo produttivo e che se volevamo avere successo dovevamo fare 3 sole cose: lavorare, lavorare, lavorare.

Sposando appieno quella mentalità competitiva arrivai così a credere che il mondo fosse davvero diviso in vincenti e perdenti (winners and losers) e che se sapevi lavorare duro eri un vincente mentre se eri pigro eri un perdente.

Lungi dal voler essere un perdente, continuavo a tenere il conto delle ore giornaliere che passavo a esercitarmi nella convinzione che il mio investimento di tempo avrebbe automaticamente portato risultati in futuro.

D’altronde, ha senso pensare che con l’aumento delle ore di studio aumenti anche la bravura no?

Non proprio.

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Lavorare meno e lavorare meglio

Se gli esseri umani fossero delle macchine il ragionamento avrebbe perfettamente senso.

Più ore una macchina passa a fare un determinato lavoro e più lavoro verrà svolto, in quanto l’output di produzione svolto nelle prime ore sarà identico all’output di produzione delle ore successive.

Per noi esseri umani il discorso è diverso, perché

Non è tanto la quantità di tempo che passiamo a fare un determinato lavoro a garantire il risultato, ma la qualità, ovvero il livello di attenzione e di intenzione che mettiamo in quello che facciamo.

Coloro che eccellono in un determinato ambito sono in grado di mantenere ferma la loro attenzione su un’unica o pochissime attività.

Queste persone riescono a massimizzare l’output produttivo delle ore lavorative perché hanno un intento definito e degli obiettivi chiari.

La chiarezza permette loro di scegliere su cosa non-concentrarsi in modo tale da evitare di sprecare energie in attività irrilevanti.

In altre parole, lavorano meno, lavorano meglio e producono di più.

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Lavorare meno o tanto: la legge dei rendimenti decrescenti

Dal lato opposto di questa logica c’è chi fa un ragionamento completamente diverso: fare tutto e di più, multitasking estremo, mille progetti per altrettanti obiettivi.

Questo approccio può essere ritrovato in quelle aziende che diversificano i loro prodotti invece di concentrarsi su pochi, nei liberi professionisti che dicono di sì a ogni richiesta da parte dei clienti, negli impiegati che svolgono tante mansioni senza riuscire a dedicarsi a nessuna in particolare.

Secondo alcune ricerche, una probabile conseguenza del voler fare troppo è spesso una peggior performance e un più alto livello di stress.

Passato un certo numero di ore, infatti, la mente umana inizia a produrre minori risultati, un principio conosciuto come “la legge dei rendimenti decrescenti”, secondo cui più ore lavoriamo e meno produttiva diventa ogni ora di lavoro consecutivo.

Oltre ad un calo di rendimento, lavorare troppo porta spesso ad avere meno tempo per il riposo e altre attività di svago che sono essenziali alla ricarica delle funzioni cognitive della mente.

lavorare meno

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I benefici di lavorare meno

Personaggi del calibro di Charles Dickens, Gabriel Garcia Marquez e Charles Darwin sono stati indubbiamente molto produttivi nei rispettivi settori, pur avendo delle giornate lavorative di 4/5 ore.

Similmente, diverse aziende hanno adottato la formula della giornata lavorativa di 6 ore senza notare cali di produttività.

La logica qui è che lavorare meno permette di massimizzare l’output produttivo delle ore di lavoro e di dedicare maggior tempo a tutte quelle attività di svago che, in sé, non creano profitto ma che, indirettamente, aiutano a stare meglio e a essere più efficaci.

Pare dunque che la pigrizia sia, per certi versi, utile al lavoro tanto quanto il lavoro stesso… ma deve essere strategica, ovvero utilizzata a supporto della produttività, non sostituirla.

In termini pratici, ciò si traduce in tutte quelle attività che possono essere definite come “productivity-boosting”, cioè che incrementano la produttività lavorativa in quanto:

  • permettono al cervello di scaricare la tensione e di riacquistare lucidità,
  • aumentano il morale e il benessere fisico e psicologico,
  • danno più energia da dedicare al lavoro e, di conseguenza,
  • aumentano l’output produttivo delle singole ore di lavoro (per esempio, da 10 unità per ora di lavoro a 12 unità).

Tra le varie attività che consentono di migliorare la produttività scaricando la tensione e lo stress del troppo lavoro si possono menzionare:

  1. Dormire di più (inclusi pisolini pomeridiani);
  2. Meditare,
  3. Passare più tempo in famiglia;
  4. Fare più pause;
  5. Fare più esercizio fisico.

Ciascuna di queste attività porta i suoi benefici, aiuta a dare più valore al lavoro e ci ricorda che si può anche essere improduttivi nella vita senza temere di stare sprecando del tempo prezioso.

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Il dilemma del lavoratore insoddisfatto

Uno degli svantaggi maggiori di un lavoro full-time è che ti dà poco tempo da dedicare alle cose che ti piacciono veramente.

Mi è capitato spesso di incontrare persone che fanno un lavoro ma che sognano di farne un altro, per esempio lo scrittore o il fumettista.

Il fatto è che, quando sei impegnato dalla mattina alla sera a fare un lavoro che ti paga le bollette, torni a casa la sera con poca lucidità ed energia per impegnarti in qualcos’altro, così ti imbatti nel dilemma del lavoratore insoddisfatto:

Lavorare per vivere o sognare per fare la fame?

I sogni sono idealizzati da molti ma seguiti da pochi.

Alla fine della giornata si deve essere pratici e non tutti hanno il coraggio di rinunciare a un contratto a tempo pieno per dedicarsi alla musica o all’arte.

Eppure il compromesso si trova.

La soluzione al dilemma: lavorare meno

Lavorare 4 ore al giorno riuscendo a permettersi i beni di prima necessità è un’ottimo modo per mantenere del tempo per sé stessi e per capire cosa fare nella vita.

Una giornata lavorativa del genere non soltanto permetterebbe di lavorare con più energia, ma permetterebbe anche di dedicare il tempo che avanza alla scoperta delle proprie passioni.

Con un piano ben strutturato e un obiettivo chiaro, passare anche poche ore al giorno a sviluppare un talento o approfondire una conoscenza sarebbe una strategia molto efficace nel costruire la vita che si vorrebbe.

Spesso capita che si fa un lavoro perché è disponibile o perché semplicemente si ha paura di rimanere in mezzo a una strada.

Ci sono persone che non sono minimamente al corrente delle loro reali potenzialità perché non hanno mai avuto il tempo di scoprirle, passando dalla scuola all’università e poi dall’università all’ufficio senza mai una pausa di riflessione.

Per loro e molti altri il lavoro part-time può essere la risposta, può essere un fine oppure un mezzo per raggiungere il lavoro full-time dei tuoi sogni.

LIBRO: 4 ore alla settimana

Imprenditore seriale e ultravagabondo, per sua stessa definizione, Tim Ferriss ha impiegato cinque anni per studiare le abitudini dei Neo Ricchi, ovvero di quel curioso gruppo umano che ha abbandonato un «piano di vita differita» (lavoro da schiavo- risparmiop-pensione) per vivere alla grande grazie alla nuova, fortissima valuta: il tempo e la mobilità.

Ha carpito i loro segreti, e oggi è il Neo Ricco più famoso d’America, conteso dalle più prestigiose università americane, da Princeton a Harvard.

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