Per tantissime persone è assolutamente normale arrivare a temere di non avere valore e sentirsi inferiori agli altri.
Già da bambini, non potendo sopravvivere senza i genitori, tutti noi dobbiamo convivere con l’idea di essere vulnerabili e dipendenti da loro.
Anche da grandi, però, capita che questo senso di inferiorità continui a operare indisturbato e interferisca con la ricerca della felicità.
Nei casi in cui ciò accade, cioè nei casi in cui persiste una convinzione radicata di valere meno, i segnali saranno molteplici e a volte contrastanti.
Sintomi comuni del sentirsi inferiori
In generale, chi si sente inferiore può essere:
- incapace di costruirsi una vita propria in ambito lavorativo e sentimentale;
- timoroso delle sfide e delle esperienze nuove;
- eccessivamente ansioso;
- ossessionato con la ricerca della superiorità;
- molto timido in ambito sociale;
- accondiscendente e arrendevole con gli altri;
- dipendente affettivamente o economicamente dagli altri;
- molto pigro o incapace di rilassarsi;
- eccessivamente concentrato su se stesso (egoista);
- invidioso del mondo o volutamente indifferente a esso;
- suscettibile alla rabbia, al risentimento e al rancore.
Seppur alcuni di questi sintomi (tipo l’incapacità di farsi una vita propria o la timidezza) siano dei segni abbastanza chiari di un senso di inferiorità, altri sono un po’ più ambigui e meritano per questo un approfondimento.
Stiamo parlando della ricerca della superiorità, dell’egoismo e dell’arrendevolezza.
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1. La ricerca della superiorità
La ricerca della superiorità è il risvolto naturale del senso di inferiorità e si può osservare in diverse tipologie di persone:
- quelle che fanno di tutto per diventare potenti e rispettate;
- coloro che vogliono diventare migliori degli altri a tutti i costi;
- quelli che rincorrono la fama senza voler sviluppare un talento;
- coloro che vedono tutto come una competizione e gli altri come nemici da sconfiggere.
Il motivo per cui il sentirsi inferiore causa atteggiamenti del genere è semplice: se io mi sento inferiore mi sforzerò di colmare quello che (credo) mi manca.
Per esempio, avendo la profonda convinzione di non avere valore come persona potrei provare a costruirlo accumulando beni materiali (a volte arrivando persino a prendere ciò che non mi spetta).
Oppure se mi sento brutto e non amabile potrei concentrarmi sul costruire la mia bellezza esteriore (per esempio sviluppando un’ossessione per il fisico, la chirurgia plastica o la palestra).
In circostanze più estreme la ricerca della superiorità può persino arrivare a trasformarsi in razzismo (vedere gli altri come inferiori per aumentare il proprio senso di superiorità) o in eccessivo nazionalismo/religiosità (convincersi di appartenere a una cultura superiore per placare il timore di non valere).
2. L’egoismo
Il senso di inferiorità porta alcune persone a pensare principalmente a se stesse e a dare priorità ai propri sentimenti e ai propri bisogni.
Il ragionamento che farebbero loro è “perché dovrei preoccuparmi degli altri quando nessuno mi aiuta e si preoccupa per me”.
Un sintomo inaspettato del sentirsi inferiori è dunque l’egoismo e la mancanza di empatia o considerazione nei confronti degli altri.
Questo atteggiamento è evidente soprattutto in chi si sente vittima delle circostanze e in chi crede che tutto gli sia dovuto a prescindere dal livello di impegno profuso.
3. L’arrendevolezza
Un’altra conseguenza del senso di inferiorità è l’eccessiva arrendevolezza, cioè l’incapacità di portare a termine progetti personali.
Per alcune persone, infatti, sentirsi inferiori non ha nulla a che fare con la ricerca della superiorità ma piuttosto si traduce nel temere di non essere in grado di vivere al meglio delle loro aspettative.
Possibilmente loro avranno anche molte ambizioni ma ogni volta che intraprendono un percorso lasciano tutto a metà strada.
A parole diranno che hanno perso la motivazione o possibilmente troveranno delle scuse plausibili per aver mollato.
La dura verità sarà però che non hanno fiducia in se stessi e che provano una segreta invidia nei confronti di chi ha la resistenza (e la resilienza) necessaria a raggiungere obiettivi degni di nota.
Come si arriva a sentirsi inferiori da grandi: la storia di Irene
Come accade spesso nella vita le insicurezze che ci portiamo dietro da grandi vengono dall’infanzia.
Per mostrare come il senso di inferiorità si possa insidiare nei bambini ti racconto una storia che ho sentito tempo fa da un’amica che chiamerò Irene.
Da piccola Irene era una bambina molto energetica e vitale, come entrambi i genitori.
Per farle una sorpresa, un giorno suo padre portò a casa un video gioco e le chiese se le andasse di giocare.
Con il joystick nuovo di zecca stretto tra le mani, Irene non riusciva a trattenere l’entusiasmo e volle subito fare una partita.
Dopo appena qualche minuto, però, il padre, innervosito dai continui errori della bambina, cominciò a intromettersi nel suo gioco, prima con calma poi con crescente foga.
Sentendo il trambusto dall’altra stanza, la madre di Irene accorse in salotto e si unì anche lei alle critiche da stadio del marito.
Mentre i genitori sembravano maggiormente interessati a vincere la partita che a lasciarla divertire, fu in quel momento che Irene iniziò a pensare di non avere le qualità adatte a renderli fieri di lei.
Senso di inferiorità e genitori
Non esiste nessun’altra persona al mondo che possa avere un impatto così profondo sulla nostra psiche di un genitore.
Seppur i genitori di Irene, come molti altri, abbiano la buona intenzione di rendere i figli più forti e capaci, con atteggiamenti come quelli, soprattutto se ripetuti negli anni, instillano in loro la convinzione di non essere abbastanza.
E non sono di certo i soli.
Tantissimi padri e madri riversano sui figli le loro paure, controllano le loro vite nella speranza di aiutarli e finiscono invece per impedirgli di imparare a cavarsela da soli.
Ovviamente bambini diversi rispondono diversamente alle manie di controllo e alle ansie dei genitori.
Però quelli che subiranno maggiormente le loro interferenze rischieranno di sentirsi inferiori agli altri in età adulta perché in modi più o meno espliciti si saranno sentiti dire che non valgono.
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4 modi per smettere di sentirsi inferiori
Visto che si tratta di un bagaglio che ci si porta dietro dall’infanzia, per superare il senso di inferiorità bisogna fare le 4 cose che alcuni genitori non fanno e che dovrebbero fare con i figli.
Ovvero insegnargli a:
- Accettare se stessi per quello che sono;
- Sviluppare il senso di auto-efficacia;
- Avere fiducia nel prossimo;
- Contribuire alla vita della comunità.
1. Accettare se stessi
Accettare sé stessi vuol dire prima di tutto conoscersi, conoscere le proprie potenzialità e accettare quello che non si è in grado di fare o di cambiare.
In parole povere si tratta di evitare di paragonarsi agli altri, di dedicarsi alla propria crescita personale partendo dalle cose che si vorrebbero fare e, soprattutto, di volersi bene, in modo incondizionato.
Una persona che non accetta pienamente sé stessa non si ama ed è inconsapevole di quello che ama, così dedica il suo tempo ad attività che non la rendono felice, solo per sentirsi più accettata dagli altri.
Una persona che accetta se stessa, invece, misura la distanza percorsa sulla base di dov’era ieri e non di dove sono gli altri, e ha la saggezza di comprendere cosa vale la pena di cambiare e cosa no.
2. Il senso di auto-efficacia
Il senso di auto-efficacia è la convinzione di poter portare a temine un progetto anche se non si hanno ancora le dovute competenze per farlo.
Per progetto si potrebbe intendere imparare una nuova lingua, aprire un’attività, aumentare la propria disponibilità finanziaria, trovare casa o mettere su famiglia.
In tal senso il l’auto-efficacia si distingue dall‘autostima perché quest’ultima si basa su quello che si è fatto e si sa fare, mentre la prima su quello che si è potenzialmente in grado di fare.
Per aumentare l’auto-efficacia basta stabilire piccoli traguardi e poi raggiungerli.
Tipo, per chi si è prefisso l’obiettivo di smettere di fumare, si comincia con l’obiettivo di non fumare un solo giorno, poi una settimana, poi un mese e così via.
La soddisfazione di aver dimostrato a se stessi di poter fare passi avanti fungerà poi da motivazione a prendere di mira obiettivi maggiori.
3. Fiducia negli altri
Una volta che accettiamo e ci fidiamo di noi stessi bisogna accettare anche gli altri per quello che sono.
Ciò include la capacità di comprendere i loro errori, di non tentare di cambiarli o giudicarli.
Se le persone che si sentono inferiori controllano, coloro che stanno bene con se stessi lasciano spazio di azione e pensiero, creano facilmente relazioni sane e sono più facili da amare.
In più, quando hai fiducia negli altri risparmi parecchia energia che altrimenti avresti usato per proteggerti da loro.
Questa stessa energia la puoi invece dirigere in attività più benefiche e utili alla tua autostima e crescita personale.
4. Contribuire alla comunità
Sentirsi inferiori equivale un po’ a sentirsi inutili, in quanto come può uno che vale meno degli altri essere d’aiuto a loro quando è lui stesso ad aver bisogno di supporto?
Il modo migliore di sentirsi all’altezza è invece trovare il proprio modo di arricchire le vite altrui con il valore che si porta dentro, ovvero con le proprie capacità e il proprio lavoro.
Se il sentirsi inferiori porta alla depressione e alla dipendenza, questo contribuire porterà a un maggior appagamento e rispetto per se stessi.
Chi non si piace e non ha fiducia negli altri non potrà mai provare la sensazione di sentirsi utile al prossimo. Perché…
Coloro che non si fidano di sé stessi non si fidano del mondo. E chi non si fida del mondo non potrà mai desiderare di cambiarlo, non agirà mai con lo scopo di dare, ma di prendere e pretendere.
Smettere di sentirsi inferiori è un atto responsabile che aiuta a trovare un senso e arricchisce la vita individuale e collettiva.
Perché soprattutto in Italia c’è un forte bisogno di persone con abbastanza ricchezza interiore da sapersi mettere al servizio degli altri per arricchire e non per arricchirsi.
LIBRO: I sei pilastri dell’autostima
Si tratta del risultato di una vita di pratica clinica e di ricerche.
Il libro dimostra l’importanza della stima di sé per la nostra salute psicologica, i successi personali, la felicità e le relazioni positive.
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Analizzando la questione nell’ambito dell’ambiente di lavoro, in famiglia, nell’educazione, nella psicoterapia e nella società l’autore fornisce non solo le linee guida per quanti sono impegnati nel promuovere la stima di sé negli altri, ma presenta anche dei semplici esercizi per accrescere la consapevolezza e l’efficienza personali
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